Sinonimi e contrari

Mi troverete a ripetere che sono matta; per il mio sentire infinito, per ciò che ho preferito smettere di desiderare, invece di accettare di averlo perso; per la mia doppia testa che come il mondo alterna la luce al buio e per la mia coppia di cuori, uniti dall’incapacità di odiare.

Mi incrocerete mentre incollo i pezzi di qualcosa che si è rotto, e non lo vedrete facilmente perchè lo custodisco da sempre tra la pelle e il sangue, o mentre perdo la testa per ciò che vi sembra un nonnulla, e forse ci rido su, perchè si ride davvero solo delle cose serie.

Mi osserverete mentre annullo tutte le distanze, o scelgo di non mentire come solo i più abili bugiardi sono in grado di fare, o mentre impasto il dolore muovendo ogni costola, e lo trasformo in vista e udito e olfatto, perchè anche l’acqua calda toglie la sete.

Mi farete passare mentre attraverso la strada in obliquo e se non avrete fretta di ingranare la marcia per andare, sul ciglio della strada vi indicherò dove si parcheggia, perchè più importante della sosta esiste solo la fermata.

E allora sinceri mi direte mi ricordo di te, so bene chi sei. E io vi dirò grazie, finalmente lo so anch’io.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di ritorno

Come sbucciarsi le ginocchia sull’asfalto, e ripetersi che tutto andrà bene che basterà un soffio o la parola di una madre o solo fare più attenzione. Che poi l’attenzione, ecco proprio quella, non sai mai quanta ne basti e se poi ce ne metti troppa, allora si che c’è da penare, ben di più che per due ginocchia sbucciate.
Tu però alzati, rimettiti sempre all’impiedi o se più di tutto vuoi stare a terra, stacci almeno con il naso all’insù, non perderti neanche una goccia di pioggia, o il primo raggio di un mattino o una mano che si tende e ti tira forte, così tanto che non farai resistenza, così forte che ti sembrerà esser la tua.
C’è sempre un pensiero che nel tempo ritorna, è come un ricordo che non sapevi di avere, come le righe di A e B che hai scritto alle elementari; ti dice eccoti finalmente sei qui, hai risolto l’equazione, messo la giusta chiave nella giusta toppa, incartato il regalo perfetto anche senza un fiocco, spento le candeline che subito si sono riaccese.
Un pensiero che è come uno scherzo ma di quelli belli che fanno ridere senza deridere mai, come una frase che non ha negazioni, come un’intera casa ancora tutta da arredare, come il giorno in cui sei nato che se anche hai pianto, tutti erano felici.

Capire i Verdena (Alt. lyrics)

(No one can live in sorrow, Ask all your friends)

Se dovete andare ad un concerto dei Verdena, se lo avete in progetto, se volete farlo prima o poi, voi andateci con il cuore spezzato. Potete avere una speranza di apparizione o epifania o catarsi, è un buon modo, vi assicuro.
Per supportare il buon Plinio vi dirò subito che io i Verdena ovviamente non li capisco, e fanno tutta una serie di cose che solitamente non mi piacciono; troppe distorsioni vocali, nessun tipo di comunicazione e/o interazione, brutti testi, per non esagerare e dire orrendi, perchè dai su, alla fine non è bello scriver male dei Verdena. Ma io questa volta sul prato di Spazio 211 ci ho lasciato un pezzo di magone, attraversato con una lancia trafitto sconnesso sbattezzato. Che certe cose sono molto più forti e ti impressionano maggiormente, quando ti ci avvicini con incoscienza e un briciolo di inconsapevolezza. Ecco tutto. Per il resto bisogna solo ascoltare, stare in piedi farsi venire il mal di schiena, e sentire, per dire una grande banalità che però funziona sempre, essere disposti a sentire.
Poi sinceramente non importa, per questa volta non importa se il giorno dopo non andrete a rispolverarvi tutti gli album dei Verdena nei secoli dei secoli, o se non ricorderete nemmeno una delle canzoni che avete sentito, o se l’unica che sapevate, è proprio quella che non hanno fatto. Cazzo, non importa.
Ti rimane in testa quel gesto isterico di girarti e rigirarti su te stesso senza trovare vie d’uscita, il moto ondoso dell’assenza di cibo e degli attacchi di fame e di altra assenza di cibo e di altri attacchi di fame; il prezzo, sempre alto, di aver vissuto qualcosa di non condiviso, sciupato dalle continue assenze, ridotto a tre parole tre, sboccato e tenace come un’ingiuria.
Andateci con il cuore spezzato, e poi mi dite.