Aver furia

Se è vero che tutto torna, dunque tutto parte
allaccia le cinture gira l’angolo scompare
bisbiglia incompreso si rende passato.
Ci vuole talento, mi ripeto
per abbagliare ogni sguardo
il diniego si acceca
e non ci si pensa più.

Oggi A. mi ha chiesto dov’ero quella sera che era uscito apposta per cercarmi. Ma io, giuro, non lo so, so solo che ero con me. Ci ho passato tanto di quel tempo che posso dirlo con certezza. E lui ha riso, prima di dirmi, che risposta del cazzo.
E ora so solo che ha riso, lui coi suoi denti bianchissimi, i bracciali al polso, quelli che non fanno rumore, mentre spegneva la sigaretta col piede e diceva maledetti fattori inquinanti. Mi ha detto avevo del riso che scadeva nella dispensa, come si fa a far scadere il riso gli ho chiesto io e lui, basta non mangiarlo. Poi ha detto quell’altra frase, quella che non ho sentito, passava il tram che ha ancora i passamano in legno, credevo che in città non ce ne fossero più. E mentre la diceva io sentivo solo il rumore del tram. Solo il rumore del tram. Forse mi stava dicendo sei bella, si si, forse stava dicendo proprio quella frase lì. Ho fatto finta di aver capito e mi è andata bene, non c’era bisogno di una risposta. Quando A. parla con me non guarda mai l’orologio, nè il cellulare, nè intorno. A. guarda me. Forse è sordo e lo fa per leggere il labiale, forse. Mi ha detto che una volta che guidavo io non abbiamo preso neanche un rosso, l’onda verde dei semafori ci ha portati dritti dritti al parcheggio sotto casa, ma io questa cosa non me la ricordo. Dice, ma sei sicura? va beh allora forse non ero in macchina con te.
E tu A. dov’eri quella sera che sei uscito apposta per trovarmi, dov’eri che non mi hai trovata?

(liberamente tratto)